Ricorsi per divieto di sosta

Tra le opposizoni – ricorsi a sanzioni del codice della strada, le più comuni, sono relative il divieto di sosta. Lo Studio Legale Pontone segue scrupolosamente l’iter giudiziario dei propri clienti garantendo la massima professionalità.

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COSA DICE LA LEGGE:

MULTE PER DIVIETO DI SOSTA
Gli enti proprietari delle strade hanno il compito di stabilire le aree in cui il parcheggio sia vietato o limitato.    La sosta può essere vietata anche solo temporaneamente (per esigenze di carattere tecnico o di pulizia). In tali casi è necessario che il divieto sia reso pubblico con i prescritti segnali non meno di quarantotto ore prima ed eventualmente con altri mezzi appropriati.

Nei centri abitati i Comuni possono, con ordinanza del sindaco, individuare aree di parcheggio sulle quali la sosta sia subordinata al preventivo pagamento di una somma, con il conseguente obbligo per l'automobilista di esporre ben in vista il biglietto attestante l'avvenuto pagamento.

Il Codice della Strada (art. 7, comma VIII) prevede espressamente che le aree destinate al parcheggio devono essere ubicate fuori della carreggiata. Lo stesso Codice della Strada prevede (art. 3, comma I, n. 7) che per carreggiata debba intendersi la "parte della strada destinata allo scorrimento dei veicoli; essa è composta da una o più corsie di marcia ed, in genere, è pavimentata e delimitata da strisce di margine".

Infine, è opportuno richiamare l'art. 7, comma VIII, del Codice della Strada, secondo cui, sia quando il Comune assuma l'esercizio diretto del parcheggio o affidi il servizio a terzi o installi dispositivi per il controllo automatico della durata della sosta, in ogni caso, è  sempre necessario che nelle immediate vicinanze, sia riservata una adeguata area destinata a parcheggio libero, non soggetto a pagamento (fatta eccezione per le area pedonali,  per le zone a traffico limitato per le altre zone di particolare rilevanza urbanistica, opportunamente individuate e delimitate dalla giunta).
Questa breve rassegna normativa ci aiuta ad individuare tutti i motivi per cui è solitamente opponibile una multa per divieto di sosta.

  Come contestare una multa per divieto di sosta
In primo luogo esaminiamo il caso di multe emesse per sosta in aree a pagamento quando l'agente preposto non abbia constatato la presenza della ricevuta attestante l'avvenuto pagamento del parcheggio. Si tratta di casi molto frequenti, magari dovuti a fretta o disattenzione da parte dell'ausiliario del traffico, o all'idea dell'automobilista di posizionare il ticket attestante il pagamento in posizioni insolite e fantasiose (anziché sul cruscotto come solitamente si usa). A condizione di aver effettivamente pagato il parcheggio, l'errore (dell'ausiliario o dell'automobilista) non è irreparabile. Sarà sufficiente, in questi casi, sollevare la relative eccezione nel ricorso. allegando quale prova documentale la ricevuta stessa.
La giurisprudenza si è già occupata del caso ed il Giudice si è espresso positivamente accogliendo il ricorso e annullando la sanzione. Vedi, ad esempio, la sentenza del Giudice di Pace di Lecce del 22 gennaio 2007. Unica condizione necessaria è aver conservato il biglietto del parcheggio, cosa molto rara quando sul parabrezza non sia stato apposto il preavviso di verbale e quindi la multa sia stata notificata, a mezzo posta, dopo mesi dalla data dell'infrazione. Quindi, nel caso non abbiate più il ticket o la ricevuta, passate a leggere il paragrafo successivo.

Altra ipotesi frequente è quella di multa per mancato pagamento del parcheggio. In questi casi i motivi di nullità della multa che possono essere invocati sono principalmente due.
La prima eccezione riguarda il fatto che l'area di parcheggio a pagamento sia stata posta lungo la carreggiata, con restringimento della medesima, contrariamente a quanto previsto dal già citato art. 7, comma VIII del Codice della Strada. In questi casi sarà utile citare nel ricorso anche la definizione di carreggiata contenuta nell'art. 3, comma I, n. 7, al fine di non consentire diverse interpretazioni. Le aree a pagamento, quelle delimitate dalle famose strisce blu, sono, infatti, (quasi) sempre poste lungo le carreggiate, con buona pace del Codice della Strada e dei cittadini che pagano le multe. Forse vi sembrerà poco credibile, ma è così: tutte le volte che pagate il parcheggio in un'area delimitata da strisce blu poste lungo la carreggiata, pagate un obolo che non vi sarebbe dovuto, poichè il Codice della Strada prevede che le strisce blu non possano essere collocate in quella posizione. Non è un'idea solo nostra. Il Giudice di Pace di Roma ha, infatti annullato una multa per il medesimo motivo e siamo sicuri che non sia l'unica sentenza del genere. In questi casi può essere utile allegare al ricorso una foto in cui sia ritratto il luogo dell'infrazione contestata, affinchè il Giudice possa effettivamente rilevare la circostanza addotta.

  Questo, come dicevamo non è l'unico motivo che può essere invocato. Ce n'è un altro che ha ricevuto anche discreto clamore di cronaca recentemente. Ci riferiamo a quanto previsto dall'art. 7, comma VIII, citato qualche riga più su, il quale prevede che nelle immediate vicinanze di aree a pagamento, ve ne debbano essere altre a parcheggio libero e gratuito. Inutile dire che anche questa previsione è puntualmente disattesa dalle amministrazioni, che tinteggiano di blu interi quartieri centrali rendendo un miraggio la possibilità di sostare la propria auto senza dover spendere un capitale. Dimostrare il contrario sarà n questo caso onere dell'amministrazione opposta, che, vantando comunque una pretesa in giudizio (il pagamento della sanzione) riveste sempre il ruolo di attrice in senso sostanziale. A tale proposito può agevolmente citarsi la recente ed autorevole Sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 116/2007 del 9.01.2007.

Traendo, infine, spunto dal principio appena esaminato (secondo cui l'onere della prova grava non sul ricorrente, ma sull'amministrazione opposta) sarà bene contestare in ricorso la mancanza di segnaletica che preavverta del divieto o la mancata apposizione, sul retro del segnale, della relativa delibera che ne ha disposto l'apposizione.

SOSTA A PAGAMENTO
L’art. 7 del Codice della Strada attribuisce ai Comuni la potestà di regolamentare, per mezzo di ordinanze del Sindaco, la circolazione all’interno dei centri abitati.
Tra i vari obblighi, divieti e limitazioni che i Sindaci hanno facoltà di istituire vi è anche la sosta a pagamento sul suolo pubblico, e specificamente il comma 1 lettera f) dispone che è possibile “stabilire, previa deliberazione della giunta, aree destinate al parcheggio sulle quali la sosta dei veicoli è subordinata al pagamento di una somma da riscuotere mediante dispositivi di controllo di durata della sosta”.
Un elemento fondamentale di tale disposizione, che però sfugge alla maggior parte delle amministrazioni comunali che la attuano, è il fatto che è possibile istituire la sosta a pagamento solo in apposite “aree destinate al parcheggio”.

AUSILIARI DEL TRAFFICO
Giuridicamente la figura degli ausiliari del traffico viene istituita dai commi 132 e 133 dell’art. 17 della Legge 127 del 15 maggio 1997 (Legge Bassanini).
Tale disposizione normativa attribuisce ai Comuni la facoltà di “conferire funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta” a due diversi profili di ausiliario del traffico, e cioè:
1. Dipendenti comunali o dipendenti delle società di gestione dei parcheggi (ex c. 132);
2. Personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico (ex c. 133).

Le differenze tra i due profili non si limitano solo all’individuazione dei requisiti necessari al conferimento di tale veste giuridica, ma sono anche funzionali. Tutti gli ausiliari del traffico hanno infatti specifiche funzioni di accertamento delle violazioni in materia di sosta, ma agli ausiliari ex c. 133 vengono in aggiunta attribuite “funzioni di prevenzione e accertamento in materia di circolazione e sosta sulle corsie riservate al trasporto pubblico”.

La nascita di questa nuova figura, sebbene caratterizzata da tipicità e limitazioni nettamente definite dalla norma che la istituisce, ha fatto nascere fin da subito numerosi dubbi e contestazioni circa le sue effettive attribuzioni e modalità operative, tant’è che di lì a breve il Legislatore ha ritenuto necessario intervenire sull’argomento con i primi tre commi dell’art. 68 della L. 488/99 (Legge Finanziaria 2000).

Nello specifico, agli ausiliari del traffico è stata riconosciuta la stessa veste giuridica degli altri soggetti individuati dall’art. 12 C.d.S. per l’espletamento dei servizi di polizia stradale, consentendo loro, sebbene con le limitazioni per materia già descritte, di produrre atti giuridicamente dotati di fede privilegiata ai sensi degli artt. 2669 e 2700 del Codice Civile, e quindi di poter procedere autonomamente alla contestazione delle violazioni  accertate.
In ragione del riconoscimento di tali attribuzioni veniva introdotto il principio della nomina individuale da parte del Sindaco “previo accertamento dell'assenza di precedenti o pendenze penali”, e veniva loro attribuita “anche la competenza a disporre la rimozione dei veicoli, nei casi previsti, rispettivamente, dalle lettere b) e c) e dalla lettera d) del comma 2 dell'articolo 158” del Codice della strada,  ovvero dei veicoli in sosta che impediscono l’accesso o lo spostamento di altri veicoli regolarmente parcheggiati, dei veicoli in doppia fila, e dei veicolo in sosta negli spazi riservati allo stazionamento ed alla fermata dei mezzi pubblici.
Malgrado tale ulteriore definizione dei contorni giuridici, l’operato degli ausiliari del traffico non ha mai cessato di essere fonte di continue contestazioni e relative precisazioni, sia in ambito giudiziario, sia in ambito ministeriale.

Citiamo tra le tante, a titolo esemplificativo, la Sentenza  n°7336/2005 della Corte di Cassazione - I Sezione Civile, in cui si precisa che i poteri di accertamento attribuiti agli ausiliari del traffico sono limitati alle violazioni relative alla sosta regolamentata, nonché “nelle aree immediatamente limitrofe costituenti lo spazio minimo indispensabile e necessario per compiere le manovre che consentano in concreto l’utilizzo del parcheggio da parte degli utenti della strada”.
Tra le diverse circolari ricordiamo invece la n°300/A/1997 del Ministero dell’Interno, che dopo aver esaustivamente riassunto le specifiche attribuzioni funzionali e chiarito alcuni aspetti procedurali, raccomanda tra l’altro che gli ausiliari del traffico dovranno essere dotati di uno specifico abbigliamento distintivo che però, “per non ingenerare confusione, non dovrà comunque contenere simboli o scritte simili a quelli previsti per gli indumenti dei soggetti indicati dall'art. 12 del Codice della Strada”, e che per gli stessi motivi non potranno altresì utilizzare la paletta distintiva prevista dall’art. 12 c. 5 C.d.S., né il “dispositivo supplementare di allarme a luce lampeggiante blu che, ai sensi dell'art. 177 del Codice della Strada, e riservato ai soli organi di polizia”.

Inoltre non si può tralasciare il fatto che l’introduzione degli ausiliari del traffico ha innescato per le amministrazioni comunali un giro esponenziale di interessi economici, anche in relazione al sempre crescente impiego delle cosiddette Zone Blu secondo la forzata interpretazione dell’art. 7 C.d.S. di cui abbiamo già parlato.
Ciò ha portato alla realtà attuale per cui, in quasi tutte le città italiane, i verbali di contestazione prodotti dagli ausiliari del traffico sono in netta maggioranza rispetto alla contestazione di tutte le altre violazioni del Codice della Strada accertate dai vari Corpi di Polizia Municipale, e si riferiscono quasi sempre a violazioni in materia di sosta a pagamento.